Bisanzio

(2010 – 2011)

 

Spettacolo teatrale. “Un interno borghese, una casa di bambola tipica di tanta drammaturgia nordica, uno spazio imbalsamato e asettico, ibseniano o strindberghiano. Con questa immagine inizia lo spettacolo. Ma la scena si contamina con momenti di surreale lussuria, champagne servito nel calice di una ‘femme fatale’ sdraiata. Sono i passeggeri di prima classe che fanno baldoria, in un Titanic che sta inesorabilmente colando a picco. Lo spettacolo segue con un’alternanza di caos e ordine, gli oggetti di scena continuamente spostati e messi fuori posto, la scena ciclicamente costruita e decostruita. Un circo balcanico sado-maso è una delle tappe di una progressione dove si scatenano furie primordiali. La scena finale segna lo scadere di un countdown, di un percorso che confluisce nell’impazzimento generale. A Bisanzio è in corso una danza macabra, si celebra l’ultima tappa del declino della civiltà. I registi, Maurizio Capisani e Sabrina Conte, costruiscono un lavoro senza dialoghi, fatto di scene madri di altissima intensità, un teatro che si avvicina alla danza. L’unica voce è quella, baritonale e asettica, di Capisani che declama dialoghi in accompagnamento, o contrasto, al dipanarsi delle scene. E’ una costruzione teatrale simile al lavoro di Pippo Delbono. Ma in luogo della recitazione impostata da teatro classico e degli strepiti dell’attore ligure, l’effetto straniante, ieratico e metallico, qui è dato dall’uso della voce registrata e alterata. Ancora come in Delbono troviamo una costruzione scenica che si fonda sulla composizione. Se per il primo questa mira a creare un montaggio interno dialettico, eisensteiniano, per acquasumARTE la situazione si fa molto più sfaccettata fino a raggiungere vette situazioniste come quella in cui si abbina il pezzo di Emir Kusturica & The No Smoking Orchestra con I Want to Break Free dei Queen. Proprio come fanno Elio e le Storie Tese per denunciare i plagi nelle canzoni di Sanremo. Un momento decisamente interessante è quello in cui, luci accese, agli spettatori viene consegnato un modulo di adesione alla rivoluzione, da compilare come uno dei tanti della nostra routine quotidiana. E’ un indice di come, con modi e percorsi diversi, le avanguardie teatrali sentano il bisogno di ripensare al coinvolgimento del pubblico. Se i Motus, in Alexis. Una tragedia greca, riescono a far partecipare gli spettatori a un atto rivoluzionario riuscendo a indurli a salire sul palcoscenico, acquasumARTE segna invece un distacco, con una situazione inflazionata, a sancire l’impossibilità ormai di un autentico atto rivoluzionario. Bisanzio è uno spettacolo che deve la sua riuscita all’ottimo lavoro di scena, all’estrema pulizia dei movimenti, da spettacolo di danza, alla direzionalità dei gesti e della disposizione degli oggetti, al perfetto sfruttamento dello spazio scenico”.

da Teatroteatro.it – Giampiero Raganelli

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